Punto e a capo:
IL PUNTO: COS'È SUCCESSO NELLA SETTIMANA PASSATA
a cura di Lia Quartapelle*
Ciao, come stai, i lettori e le lettrici di CRV-ACR?
"Vorrei raccontarvi della missione a Washington con 8 presidenti e vicepresidenti di commissione Esteri di 6 paesi europei. Dall’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione europea ha reagito in modo unito, perché i paesi hanno riconosciuto la minaccia comune alla sicurezza europea. Ora però è il momento di passare dalla reazione all’azione, cioè è il momento di decisioni comuni. La missione a Washington è uno dei modi per affrontare insieme il mondo nuovo. L’obiettivo degli incontri a Washington era di iniziare a dialogare con l’amministrazione Trump sulle sfide di politica estera dei prossimi anni, dall’Ucraina, passando per la Georgia e il Medio oriente. Siamo decollati con una grande preoccupazione: in campagna elettorale, Trump non si è trattenuto nelle critiche e nelle minacce alla NATO, e ha anche promesso che avrebbe fatto la pace in Ucraina in 24 ore. E’ evidente che strappi affrettati e bruschi da parte americana sono una minaccia alla sicurezza europea e non possono che avere effetti negativi anche in altre teatri (in particolare in Medio oriente). Se Trump dovesse uscire dalla NATO, oppure interrompere improvvisamente la fornitura di armi per la difesa dell’Ucraina, risulteremmo tutti più indifesi e deboli.
Chi abbiamo incontrato
Abbiamo avuto due incontri significativi con i democratici, cioè con Michael Carpenter, che da aprile è il Senior Director per l’Europa al National Security Council, e il senatore Ben Cardin, presidente uscente della Commissione esteri del Senato.
Gli incontri con i repubblicani sono stati più numerosi: abbiamo incontrato Mario Diaz-Balart che è il presidente del sotto-comitato del bilancio che si occupa della politica estera; Thom Willis che insieme alla senatrice Jeanne Shaheen guida il gruppo di osservatori alla assemblea parlamentare della NATO; Joe Wilson che è il presidente del sotto-comitato degli affari esteri sul Medio oriente e il Nord Africa; Brian East che diventerà il presidente della Commissione esteri della Camera; Richard McCormick che è membro della Commissione esteri della Camera. Insomma, repubblicani di peso, con biografie molto diverse tra loro, che influenzeranno la politica estera dei prossimi anni.
Oltre ai tanti incontri al Campidoglio, abbiamo avuto vari incontri con i tanti think-tank che si occupano di politica estera americana, e un brief finale con giornalisti di testate - da Bloomberg a CNN, interessate alla nostra missione.
Di cosa abbiamo discusso
Nei colloqui avuti, c’è una cosa che mi ha molto sorpreso e una che mi aspettavo.
Il primo punto toccato in quasi tutti gli incontri (in alcuni casi anche in modo brutale) è la questione dell’autonomia strategica europea: l’Unione europea è in grado di pensare alla propria difesa? La nuova amministrazione non sembra disponibile a ascoltare promesse sull’aumento delle spese della difesa, richiederà fatti. Questo, per l’Italia non è una novità, ma è una necessità che comporta delle scelte. Sono rimasta invece meravigliata del fatto che, sia democratici che repubblicani, fossero molto più disponibili a ragionare insieme di cosa vuole dire “pace sicura” per l’Ucraina. Nessun repubblicano vuole ripetere una situazione come quella dell’Afghanistan, cioè un paese che crolla senza sostegno militare occidentale. Questo dà all’Ucraina lo spazio per negoziare una pace sicura, non una resa - e permette in subordine all’Europa un po’ più di tempo per organizzare una propria difesa comune e una strategia guidata da Bruxelles di sostegno all’Ucraina. Mentre per quanto riguarda il Medio oriente, Trump sosterrà Netanyahu senza nessun freno. Più volte ci è stato detto che anche l’Europa dovrà decidere con chi schierarsi rispetto all’Iran e non è stato escluso che l’amministrazione Trump “vada fino in fondo” contro il regime degli ayatollah. Anche sul Mediterraneo, sia per quanto riguarda la situazione palestinese, che più in generale rispetto alla stabilità dell’area, l’Europa dovrà darsi da fare per avere una propria strategia comune e autonoma.
Il mondo repubblicano non è così monolitico come sembra. Alcuni dei parlamentari che abbiamo incontrato sono nati politicamente con Trump, e vengono dallo stato che Trump sta cercando portare al centro della vita politica del paese, cioè la Florida. Sono repubblicani MAGA, cioè più isolazionisti e più duri con gli alleati. Altri invece sono al Congresso da decenni, e si rifanno a una visione reaganiana della politica estera, ovvero a una visione più di respiro e meno transattiva della politica estera (il loro motto è “Pace attraverso la forza”). Molte delle scelte della politica estera di Trump dipenderanno dalla capacità di questi ultimi di influenzare o limitare le prepotenze di Musk e i colpi di testa di Trump. Il voto di queste ore sul bilancio 2025 evidenzia che ci sono deputati repubblicani pronti a sostenere le proprie posizioni anche se in controtendenza rispetto alla presidenza.
L’Italia
Durante gli incontri, ho potuto toccare con mano una grande apertura di credito per la presidente Meloni, una leader che è percepita come stabile e di cui è riconosciuta la coerenza in politica estera. Molti mi hanno chiesto come intenderà spendere questo credito. Non so se oserà fare un discorso di verità ai cittadini italiani, spiegando che viviamo in tempi complicati, agitati, pericolosi, ed è il momento in cui l’Europa deve dotarsi di una politica di difesa comune; oppure se si limiterà a mantenere delle relazioni personali buone con Trump e Musk, senza affrontare con coraggio le difficoltà davanti a noi.
Cosa ci aspetta ora
Servono decisioni europee. Con una amministrazione Trump molto meno attenta all’Europa, serve leadership dal nostro continente. Sia per prendere decisioni diverse da quelle di Trump come saranno necessarie in Medio oriente, sia per influenzare le scelte d Trump che riguardano l’Ucraina e in ultima istanza la sicurezza europea."
*Europarlamentare dei democratici & socialisti.
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Lia
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